Caratteristiche dei vini rossi affinati in legno: il profumo di cuoio.
Quando ero ragazzina e seguivo il primo corso di sommelier, andavo a caccia di profumi. Mi stavo costruendo una memoria di profumi, un archivio tutto mio di fiori e frutti.
Pratica vivamente consigliata a chiunque voglia avvicinarsi al mondo del vino.
Infatti durante le lezioni dei corsi, i vini vengono raccontati attraverso i loro sentori. Tanti. Spesso dimenticati o addirittura mai conosciuti.
Molto spesso nei corsi di primo livello la materia più difficile risulta a molti proprio questo: il riconoscimento olfattivo. Capita a tutti di dire “questo odore lo conosco eppure non riesco a identificarlo”.
L’unico modo per unire sensazione e descrizione, “azzeccando” i riconoscimenti, è…allenarsi a fiutare dappertutto, (proprio come fa il mio cane, da bravo segugio).
Il profumo di cuoio è riconoscibile e familiare
Nelle schede analitico-descrittive dei vini dell’ Ais, il cuoio appare tra i sentori terziari di origine animale. E quante volte vi sarà capitato di mettere il naso nel bicchiere, soprattutto di un vino rosso, e di pensare a quell’odore così familiare che conosciamo, nella nostra cultura, sin da bambini, quando ci compravano quelle scarpe con i buchi rigorosamente di vero cuoio. Ve le ricordate?
La degustazione a Bottega Bossa
Ieri sera “per fare esercizio” abbiamo organizzato una piccola degustazione di due vini rossi, a Salerno. Dove? Da Bottega Bossa in via Duomo. Un bel posto, una vera bottega artigiana, dove il profumo di cuoio ti accoglie e ti avvolge.
La degustazione si è svolta alla cieca, per non condizionare in nessun modo i partecipanti, e per lasciarsi solo coccolare dall’atmosfera di Bottega, grazie all’ ospitalità di Alberto Adinolfi, padrone di casa.
L’idea è nata proprio per riuscire a far un immediato confronto di riconoscimento di profumi. E vi racconto come è andata.
Muniti di un bel secchiello di ghiaccio, per portare i vini alla giusta temperatura di servizio, carta stagnola per avvolgere le etichette, bicchieri e taralli, abbiamo trasformato per una sera il banco dove Alberto lavora alle sue creazioni in pelle, in un “banchetto di degustazione”.
Premesso che quando degustiamo vini alla cieca, la prima curiosità è indovinare cosa stiamo bevendo, non è stato semplice convincere i partecipanti a farli concentrare solo sui sapori.
Molti di loro hanno individuato le caratteristiche dei due vini con descrizioni precise, dividendosi esattamente a metà tra chi ha preferito il primo e chi il secondo vino.
Due vini rossi del Sud Italia, dello stesso vitigno, l’Aglianico, ma di zone differenti.
Il primo è un vino rosso lucano, del Vulture prodotto a Ginestra da Michele Laluce, Zimberno annata 2008. Semplice da bere, fresco, tannico e ricco, ha conquistato gli amanti dei vini più tesi e scattanti. Evolvendosi nel bicchiere con un bel crescendo di sentori.
A seguire un rosso campano, il Taurasi dell’azienda Antico Borgo annata 2006. Colore scarico tendenza all’arancio, il profumo è il suo punto di forza, con un ventaglio variegato di aromi dal fruttato allo speziato, guarda caso, quel sentore di cuoio che volevamo proprio individuare.
Due campioni ideali per imparare a riconoscere i sentori dei vini.
E a proposito di allenamento: uno dei partecipanti ha associato una sua memoria di infanzia, l’odore dei palloni da calcio in cuoio della Valsport. Chi se li ricorda?
Un commento su “Vini rossi del sud in Bottega Bossa”