Polpo alla Luciana una ricetta alternativa

Ricetta alternativa al Polpo alla Luciana e abbinamento a un Vino bianco aromatico: il Moscato secco di Michele Laluce.

Mi piace cucinare e invitare gli amici a cena. Che sia chiaro, non ho certo velleità da cuoca, il mio divertimento è molto spesso legato al fatto di voler aprire una determinata bottiglia di vino. Infatti i miei menù li scelgo, la maggior parte delle volte, in base al vino e poi in base al pescato del giorno, della pescheria di riferimento. In sintesi le cose vanno così:

  • decido il vino o i vini
  • consulto il pusher-pescivendolo
  • scelgo le ricette (molto spesso da Internet)
  • faccio la spesa
  • mi dedico alla cucina (spendendo molto tempo a rimescolare le ricette scaricate dal web con quelle che ho a casa tra molti libri di cucina e manuali)

In particolare venerdì scorso è andata così:

ho deciso il vino, ovvero il Moscato secco di Michele Laluce, Morbino annata 2013, appena arrivato dalla Basilicata. Bottiglia Morbino Moscato secco Michele La Luce
(Il colore è giallo intenso, all’olfatto è molto aromatico con una bella nota erbacea e sentore netto di mela. Sensazioni al palato: il vino è morbido e strutturato).

ho consultato WhatsApp, che la pescheria Fiorella (via Rocco Cocchia, 10 Salerno) utilizza per aggiornare i clienti sugli arrivi giornalieri. Secondo me fornisce un servizio semplicemente geniale, non solo perché ogni giorno sei informato sulle disponibilità del pescato locale ma si crea anche cultura, nel senso che proponendo perlopiù pesci del Golfo di Salerno, hai la possibilità di dare un nome a certe specie e soprattutto di trovarle!

E venerdì l’immagine inviata del polpo verace, mi ha convinta subito, per cui il messaggio ho risposto rapidamente: “saremo in cinque, tienimene da parte almeno 1 kg. Grazie”.

Aggiudicato l’ingrediente principale, passo a consultare Google, inserisco “polpo verace” e la prima ricetta che appare è quella del Polpo alla Luciana, il testo recita ... uno dei migliori piatti della cucina del sud e in particolare di Napoli, deve il suo nome ai pescatori del borgo di Santa Lucia (per chi non lo ricordasse l’antico quartiere di pescatori napoletani) che lo cucinavano in maniera semplice e gustosa …

Faccio mia la ricetta e vado a fare la spesa immaginando gli ingredienti elencati in abbinamento al vino bianco scelto: sì, l’aromaticità starà bene con il Polpo alla Luciana: proviamo.

Ho tutto quello che mi serve, mi anticipo a cucinare per la sil libro di ricette di marco follieri segreti di cucinaera già all’ora di pranzo così ho tempo di fare con calma le interazioni web-cartaceo ed è così che sbuca il libro di Marco Follieri, il cuoco napoletano, di cui ultimamente ho acquistato il suo “Segreti di Cucina”, edito da Rogiosi.
Poche ricette, suddivise per stagione, molti i trucchi e i suggerimenti , secondo il libro sono quelli a rendere il piatto speciale.
Chiedo scusa al “Polpo alla Luciana” ma alla pagina del libro di Marco dedicata al menù estivo marinaro, ho trovato questa ricetta che trovo molto intrigante:

Insalata di polpo, finocchio, pomodorini e olive di Gaeta

Tra l’altro Marco Follieri è un caro amico, per cui ho colto subito l’occasione per chiamarlo e chiedere informazioni sull’origine della ricetta riportata nel suo libro, mi ha risposto: “E’ una ricetta che ho imparato e rielaborato grazie ad Antonio Tubelli quando ho lavorato con lui (un grandissimo maestro della cucina napoletana).

Ottimo motivo per realizzarla subito:

Ingredienti per quattro persone: un chilo di polpo verace, un finocchio, pomodorini di collina 200 grammi, olive di Gaeta 40 grammi, due limoni, un rametto di prezzemolo, olio EVO, sale e pepe.

La ricetta: pulire e lavare bene il polpo. Far bollire 2,5 l. di acqua assolutamente non salata quindi immergerlo e far riprendere il bollore. Ridurre un po’ la fiamma e cuocere per 20 minuti, schiumando ogni tanto in superficie. Far raffreddare il polpo nella sua acqua. Eliminare la parte della pelle più molle facendo attenzione a non togliere i tentacoli. Tagliare il polpo in piccoli tranci lasciandolo un poco umido. Lavare il finocchio e affettarlo fine, meglio se con la mandolina, privare i pomodorini dell’acqua interna e dei semi, quindi tagliarli a filetti. Snocciolare le olive di Gaeta e spezzarle a metà. Preparare un’emulsione di limoni, sale, pepe, olio extravergine. Unire il polpo, il finocchio, le olive, i filetti di pomodorini, poco prezzemolo e condire con la Citronette Polpo verace
L’ho seguita pedissequamente,  non avrò realizzato la ricetta del polpo alla Luciana, ma una ricetta di tradizione, veloce semplice da cucinare e perfetta per il moscato secco sicuramente.

Sì: obiettivo centrato! insalata di polpo pomodorini e olive di Gaeta

Verticale di Quartara con Mario Mazzitelli

Una serata di degustazione speciale per una serie di ragioni: prima tra tutte finalmente una verticale di  un vino bianco salernitano a Salerno: “il Quartara di Mario Mazzitelli”.

Che dite sarà finito il tempo in cui le degustazioni verticali al sud Italia erano dedicate a blasonati vini ma non delle regioni meridionali? Per carità, non che quelle non le abbia fatte e anzi mi ci sono formata a livello sensoriale,  ma riflettevo con soddisfazione  su quest’aspetto “unico” della degustazione al punto che vale la pena assolutamente condividerla.

Durante la serata abbiamo provato le cinque annate in verticale di Quartara di Mario Mazzitelli, Lunarossa Vini e Passione, un vino a base Fiano, Igt Colli di Salerno, proveniente da vigneti dei monti Picentini a ridosso di San Cipriano, vigneti di circa 10 anni.

Il giovane e sorridente Mario Mazzitelli ci ha raccontato che con questo Fiano ha provato a sperimentare l’anfora come contenitore per la fermentazione, da cui il nome “quartara”.

Appena terminata la fermentazione il vino affina in tonneaux per circa un anno, infine si imbottiglia senza filtrare.

Quartara Fiano Mario Mazzitelli

La verticale di Quartara

Il primo vino degustato Il Quartara annata 2011: un bel colore giallo oro, ma quello che più mi ha sorpreso è l’olfatto, si distinguono sentori di frutta secca, mela cotogna, fico d’india, dunque molto fruttato. Al gusto la componente alcolica è netta. Ma  chiude sapido lasciandomi una nota mentolata al palato.

Il secondo vino: Quartara annata 2010, il colore è giallo dorato,  al naso qui ho percepito note più mature, note fume’ e di nocciola.  In bocca lo speziato del legno si fonde all’acidità. Secondo me in quest’annata il Fiano viene fuori con tutto il suo carattere.

Il terzo vino è il Quartara annata 2009, abbiamo innanzitutto un colore più intenso e al naso oltre al frutto appare una maggiore mineralità. Al palato è un vino equilibrato, lo immagino subito in abbinamento a buoni formaggi di capra.

Il quarto vino è il Quartara annata 2008, colore giallo oro intenso, al naso la speziatura è forte ma rimane anche un aroma agrumato, e ho notato allo stesso tempo una lieve ossidazione.
In bocca l’inizio di ossidazione è più evidente ma non toglie piacevolezza al vino che è assolutamente “pronto”.

Infine abbiamo provato la prima annata prodotta, di Quartara da Mario Mazzitelli, la 2007. Qui il colore è meno intenso rispetto agli altri, e al naso spicca la mineralità, io ci ho sentito anche una lieve nota floreale. In bocca è sapido con l’alcool in evidenza.

Ora quale vi incuriosisce di più?

Sicuramente l’annata 2009 con tutta la sua mineralità è quella che sceglierei per la mia cena di stasera! Ma aspetterei con pazienza anche l’evoluzione dell’annata 2011 che a parer mio saprà dare davvero grandi emozioni.

Grazie Mario di aver proposto questa bella e unica verticale di Quartara!

A proposito, per chi volesse sperimentare la verticale di Quartara, sul sito di Si-Wine enoteca on-line le annate in commercio sono: 2009-2010-2011-2012

Aglianico Mila Vuolo 2009

Il potente e strutturato vino Aglianico Mila Vuolo 2009 1°classificato per la giuria internazionale, che ha valutato i vini in concorso al X salone dei vini meridionali, Radici del Sud  tenutosi a Bari dal 9 al 15 giugno 2015.

Oltre 400 etichette degustate da una doppia giuria, una internazionale e una nazionale di esperti, al lavoro per tutto il fine settimana per testare, rigorosamente alla cieca, tutti i vini iscritti al salone, Radici del Sud.

I vini, selezionati delle regioni del sud, sono stati premiati in base ad una classificazione per vitigno. Per la sezione Aglianico Campania, il primo classificato per la giuria internazionale è il vino Aglianico Mila Vuolo annata 2009.

Certamente un bel riconoscimento per un vino che proviene da un Vitigno, che fuori dalle nostre mura non è ancora ben conosciuto. Ma a quanto pare “chi lo prova lo apprezza”. (Difficile pure pronunciare la parola aglianico per gli stranieri di lingua anglo-sassone).

Lunedì 15 si è svolta la giornata finale dedicata alle degustazioni e sono andata a Bari a provare e a riprovare molti vini, tornando a casa con un bel quaderno di appunti.

Tra questi non poteva mancare la sosta al banco di assaggio di Mila Vuolo, che ha presentato in concorso il suo Aglianico 2Mila9. E offriva in degustazione una Aglianico Mila Vuoloverticale speciale di questo vino nelle annate 2007-2009-2010.

Personalmente trovo tutti i tre vini ottime interpretazioni di Aglianico, e in particolare l’annata vincitrice ovvero la 2009 che è in ottima forma.

Qualcuno ha detto a proposito di questo Aglianico Mila Vuolo: “non ancora avevo provato tanta intensità e ricchezza di sfumature in un vino” e in effetti nonostante avesse subito lo stress del viaggio da Salerno a Bari in una giornata molto calda il vino che ho provato al banco degustazioni si può definire ampio, cosa che si può dire di ben pochi vini.

Un naso ricchissimo di note. Fruttato, non solo prugne, non solo ciliegie, ma anche funghi e profumi di bosco davvero intensi. E grafite.

Mila Vuolo immagine

E se poi lo lasci nel bicchiere, dopo cinque minuti, ha altre sfaccettature e storie da raccontare.

Buona degustazione!Immagini mele annurca

Foto a cura di Alfonso Elia (fotoluce.com)

Vermentino di Gallura Karagnanj Tondini

Un abbinamento vincente per il Vermentino di Gallura.

Se siete stati nel nord della Sardegna conoscerete già tutto del Vermentino di Gallura, peraltro vino Docg dal 2011.

Questo era quello che pensavo anch’io dopo aver trascorso indimenticabili vacanze da quelle parti e avendo bevuto buonissimi Vermentino di Gallura, sia delle cantine più blasonate sia di quelle meno conosciute.

Eppure qualcosa mi mancava: una mattina di settembre convinco la mia compagnia a fare un’ escursione per cantine, “altrimenti che vacanza sarebbe”? Scovo dalla guida di Slow Wine la Cantina Tondini, e nel giro di un’ora ci siamo ritrovati in questa bella vigna tra le colline dell’alta Gallura.  Accoglienza gioiosa di un bel trio di labrador scodinzolanti e del titolare enologo che ci dedicato  buona parte della mattinata, nonostante la vendemmia in corso. (Lo ringrazio ancora per questo perchè mi ha permesso di scoprire vini straordinari).

Le undici, l’ora più indicata per la degustazione: primo vino provato il Vermentino di Gallura Karagnanj, anno 2010. Grande fascino già dal colore, un giallo paglierino abbastanza carico e brillante. I profumi intensi e avvolgenti, si sono “appiccicati” nella mia memoria olfattiva: tanta frutta gialla matura, sentori di mirto e arbusti selvatici.

Se siete da quelle parti andate a far visita alla Cantina Tondini per degustare il loro Vermentino di Gallura, è un’esperienza da non perdere.

E per l’abbinamento gastronomico?  In questo caso vi suggerisco il piatto regionale con cui ho pranzato quel giorno, e che ho trovato perfetto con il Vermentino di Gallura. Si tratta dei “Culurgiones”,  ravioli di pasta fresca, senza dubbio uno dei piatti più famosi della cucina sarda povera.

Io li ho provati ripieni di patate e menta, conditi con burro e salvia.

La Ricetta dei Culurgiones: per prima cosa si lessano le patate, si sbucciano e si schiacciano per bene. Alle patate si aggiunge olio EVO,  pecorino fresco, sale, menta.  La sfoglia può essere preparata con una miscela di farina e semola da impastare con acqua tiepida salata. Dopo aver lavorato con le mani sino ad ottenere un impasto liscio ed elastico, si stende col mattarello una sfoglia sottile e si ricavano con l’ausilio di un bicchiere dei cerchi di pasta. Su ognuno di questi cerchi di pasta viene messa una pallina di ripieno e poi si procede alla chiusura unendo i lembi della pasta originando una spiga detta in sardo “sa spighitta”. I culurgiones vengono cotti tramite bollitura e serviti semplicemente con burro e salvia.

culurgiones una ricetta sarda
“culurgiones” la ricetta sarda da abbinare al Vermentino Karagnanj

Questo piatto di pasta fatta a mano e il Vermentino di Gallura Karagnanj vi garantisco sono ottimi ingredienti per trascorrere una domenica tra amici progettando il prossimo tour…magari proprio in Sardegna!

Buona degustazione.

 

Torrefavale Cantine dell’ Angelo

Il Greco di Tufo, in Campania, significa anche la rinascita per il territorio di origine, dopo l’abbandono delle miniere.
il busto di Francesco Di Marzo a Tufo

Il Greco di Tufo  sta assumendo, negli ultimi anni, grande valore; grazie al duro lavoro dei produttori di vino,  sta crescendo tutto il territorio, in particolare la zona di Tufo.

Certo sempre rispettando “i tempi della vigna”.

Torrefavale Cantine dell’ Angelo

Uno di questi produttori è sicuramente Angelo Muto. A dire il vero ho “conosciuto” prima il suo Greco di Tufo Docg,  qualche anno fa grazie ad una cena organizzata da una cara amica, legata a Tufo per motivi familiari e quella sera abbiamo provato insieme questo vino così particolare, ricco, intrigante il cui aroma riesce a suscitare emozione.

Così ho cercatetichetta vino greco di Tufo di angelo mutoo un contatto con il produttore e ho incontrato Angelo Muto, una persona affabile e disponibile. Correva l’anno 2011 e da allora puntualmente ho apprezzato il “Greco di Tufo Docg dell’Angelo”, in varie occasioni, spesso alle manifestazioni dedicate ai “vini naturali”.

Dalla fine dello scorso anno Angelo, insieme al suo bravo e giovanissimo enologo Luigi Sarno, ha pensato di affiancare un cru di Greco di Tufo, Torrefavale Cantine dell’ Angelo, proveniente da una delle vigne più alte di Tufo, impossibile da Il Greco nel vigneto Torrefavaleraggiungere se non con un adeguato fuoristrada 4×4 con pilota esperto.

Al vino già prodotto,  è stata aggiunta la denominazione Greco di Tufo Docg “le miniere”, per ricordarci la natura e origine del suolo, dove sorgono i vigneti aziendali, ovvero le antiche miniere di zolfo, che per oltre un secolo e fino agli anni ’70 sono state per la zona un’importante fonte di reddito.

tufo Il vigneto Le miniere con la polveriera

Oggi si è data nuova luce al comprensorio grazie alla valorizzazione e alla cura dei vigneti che sorgono proprio dove, pochi anni fa si estraeva lo zolfo, operando una sorte di riconversione “naturale”.

Non a caso le note minerali spiccano nei vini provenienti dai piccoli appezzamenti di Tufo, localizzati in particolare sul versante delle miniere dove sorge la vigna Torrefavale Cantine dell’ Angelo e la vigna “le miniere”.greco di tufo le miniere

L’annata 2013 è stata prodotta in sole 2000 bottiglie, qui di seguito vi riporto i miei appunti presi velocemente durante l’ultimo assaggio in occasione di Vinitaly 2015: Vino Greco di Tufo Docg Torrefavale Cantine dell’ Angelo 2013 “colore giallo paglierino intenso, naso fresco, erbaceo, minerale. In bocca lascia una ricchezza di torrefavale_greco_le_minieresensazioni, grande finezza e retrogusto di agrumi”.

Che dire Angelo? Posso solo confermare la grande eleganza dei vini che produci, consolidata in modo assoluto dal vino ultimo nato e che tutti i riconoscimenti che sta avendo l’azienda Cantine dell’ Angelo sono pienamente meritati.

Perchè parlare dei Vini Italiani del Sud?

Con il Blog Vini Italiani del Sud inizia una nuova avventura

Il blog Vini Italiani del Sud nasce con l’intento di trasmettere a tutti i wine lovers la mia passione per le realtà vitivinicole meridionali e per le loro pregiate produzioni di vini.

Volti, tradizioni, cultura, clima, varietà di terreni, vitigni, esperienze, storia, mani segnate dal lavoro in campagna, sono aspetti che coinvolgono l’intero mondo del vino Italiano e alcune regioni, come Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia e la nostra Campania stessa, è innegabile che stiano vivendo una vera e propria fioritura, grazie al coinvolgimento di nuovi produttori e alla nascita di nuove aziende.

Vuoi per il rilancio di un’economia agricola o per la fuga dalle città metropolitane, negli ultimissimi anni l’impegno personale, profuso da  numerosi professionisti, “ha fatto crescere la qualità dei vini italiani e del Sud in particolare”.

E’ di queste persone e del loro mondo, conosciuti nella loro singolarità,  ma allo stesso tempo perfettamente integrati nel territorio comune, che mi preme raccontare, attraverso un mezzo a me familiare: la degustazione del vino.

Perché parlare dei Vini Italiani del Sud?

Perché é necessario diffondere le esperienze, fuori e dentro i confini regionali, creare la curiosità e la conoscenza per produzioni da valorizzare meglio e al meglio. Certo tanto lavoro è stato e continua ad essere svolto in modo prezioso, nei confronti del mondo eno-gastronomico “made in Sud”.

Questo blog vuole dare un contributo al raggiungimento di quest’obiettivo.

Grazie al mio lavoro, che mi permette di relazionarmi con persone di varie nazionalità, con culture molto differenti dalla nostra, è nata l’idea di creare il blog e di scrivere su i “Vini Italiani del Sud”.

Facendo tesoro delle bellezze naturali che ci appartengono e di tutti i frutti derivati, l’intenzione è solo quella di condividere l’assoluta fortuna di poter coniugare due grandi amori: il Vino e il Sud Italia.

E anche voi potete essere protagonisti di questa nuova avventura.

Stay tuned e partecipate!